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Chiesa di San Pietro a Padova

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La Chiesa di San Pietro a Padova, conosciuto anche come Santuario della Beata Eustochio, è un edificio religioso in cui si venera la monaca che sconfisse il demonio. Read More
Chiesa di San Pietro a Padova

La Chiesa di San Pietro a Padova, conosciuto anche come Santuario della Beata Eustochio, è un edificio religioso che già esisteva nel IV secolo e che subì una ricostruzione alla fine dell’XI secolo. Sino al 1809 fu parrocchia e casa delle monache benedettine che qui avevano il titolo di canonichesse a rispetto di un regio privilegio del IX secolo. Oggi la Chiesa di San Pietro Apostolo è uno straordinario complesso in cui si sovrappongono fenomeni edilizi e decorativi che spaziano dal medioevo al neogotico. Con campanile e ad un’unica navata, coperta da volte ad ombrello quattrocentesche, il Santuario è occupato da quattro altari, più il maggiore, tutte opere in stile neoclassico di inizio ottocento. Sul primo altare a sinistra, è ospitata la splendida tela di Jacopo Palma il Giovane raffigurante la conversione di San Paolo. Nella cappella alla destra dell’altare maggiore, in un piccolo spazio che sembra una grotta (perfetta ricostruzione della Santa Casa di Loreto) c’è uno splendido altare con una Madonna (1765), copia realizzata a Loreto e inviata direttamente dal celebre Santuario Mariano per facilitarne la devozione di chi non poteva mettersi in viaggio per fare il pellegrinaggio. In un’altra cappella riposa la Beata Eustochio (Lucrezia) Bellini di Padova, una religiosa, esempio di grande forza, determinazione e soprattutto fede che alla fine della sue breve vita riuscì a sconfiggere il diavolo che si era impossessato del suo corpo fin dalla tenere età e per questo beatificata nel 1760 (da Papa Clemente XIII, già vescovo di Padova) e considerata oggi la protettrice di chi soffre di tribolazioni spirituali, posseduti ed indemoniati vari, un punto di riferimento per i sacerdoti esorcisti di tutto il mondo oltre che per i fedeli che venerano il suo culto.

Lucrezia Bellini nacque a Padova nel 1444 da un rapporto adulterino avvenuto nell’allora “chiaccheratissimo” Monastero di San Prosdocimo (definito all’epoca un “lupanario di meritrici”), tra una monaca del convento benedettino sul Monte Gemola (oggi Villa Beatrice d’Este sui Colli Euganei) ed un signorotto locale. La piccola Lucrezia crebbe nella controversa comunità monastica di San Prosdocimo, e difatti poco dopo iniziò a manifestare i primi segni di una possessione demoniaca. Nel 1461 ricevette l’abito benedettino color nero con il nome di Eustochio e fu da quel momento che il demonio tornò a prendere il sopravvento su di lei facendole compiere atti inconsulti e violenti nei confronti delle consorelle e a violare la Regola. Fu addirittura legata ad una colonna per molti giorni e successivamente dovette sopportare sofferenze delle spirito e della carne, si ammalò di una malattia strana, fu incolpata di essere una strega e finì rinchiusa in carcere per 3 mesi a pane ed acqua. Eustochio continuò a lottare contro il maligno a forza di digiuni e preghiere, nonostante il suo corpo fosse in continua sofferenza e venisse colpita da continui conati di vomito ma riuscì a dimostrare le proprie virtù alle monache del convento fin quando nel 1465 fu ammessa alla professione solenne e dopo due anni ricevette il velo nero delle benedettine. La sofferenza l’aveva segnata e ne aveva ormai debilitato il fisico, colpita anche da piaghe che ne avevano deturpato il volto da renderla irriconoscibile fino alla morte, il 13 febbraio 1469 alla giovane età di 25 anni ma dopo che il suo acerrimo nemico di tutta una vita, il demonio, abbandonò il suo corpo restituendole sorriso e bellezza. Quattro anni dopo la morte, quando fu riesumato il corpo, dal sepolcro iniziò a sgorgare acqua miracolosa ma fin subito dopo la sua morte la devozione popolare nei confronti di Eustochio era inarrestabile a tal punto che già veniva invocata come “Beata”. Nel 1475 il corpo era stato portato nella Chiesa di San Prosdocimo (conosciuta oggi anche come Duomo dei militari) e dal 1720 reso visibile in una teca di cristallo fin quando, nel 1806 soppresso per editto napoleonico il monastero presso il quale il flusso di acqua miracolosa smise di uscire, fu portato nella posizione attuale, sull’altare della cappella laterale della Chiesa di San Pietro a Padova.

Info
Via San Pietro, Padova
Tel +39 049 8226111
Fax +39 049 822615
[email protected]

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