Scavi Romani a Montegrotto Terme: il complesso termale di Via degli Scavi.

Area Archeologica di Via degli Scavi a Montegrotto Terme

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Gli scavi romani di Montegrotto Terme sono un luogo testimone della nostra storia, e quindi, in ultima analisi della nostra identità. Read More
Area Archeologica di Via degli Scavi a Montegrotto Terme

Montegrotto Terme ha rivestivo, in epoca romana, un ruolo di rilievo come stazione termale. L’importanza che la cittadina rivestì in quest’ambito è attestata ancora oggi dalla presenza degli Scavi Romani lungo la via principale del paese, e i ritrovamenti all’Hotel Neroniane. Antichi scavi, avvenuti nel Settecento ed altri più recenti (Novecento) hanno riportato alla luce numerose parti di un ampio complesso termale (accompagnato da luoghi di svago e di riposo) risalente alla seconda metà del I secolo a.C.: un sistema di canalizzazione dell’acqua attraverso l’utilizzo di mulini di sollevamento che fornivano acqua a tre vasche usate per le immersioni. Sono stati ritrovati anche numerosi resti di altre strutture, come un ninfeo ed un odeo, un teatro e delle piscine.

Grazie al lavoro di restauro del comune di Montegrotto Terme, i cittadini e gli ospiti dei nostri hotel potranno visitare il luogo di culto, scoperto tra il 1781 e il 1788, dove per la prima volta venne sancita la natura di Città d’Acque di Montegrotto e Abano. Le Patavini Fontes, come le chiamavano gli antichi, tornano quindi ad essere un patrimonio turistico e culturale di Montegrotto da affiancare alle cure termali e al benessere, costituendo quindi un’offerta impareggiabile.  Gli scavi romani di Montegrotto Terme sono un luogo testimone della nostra storia, e quindi, in ultima analisi della nostra identità.

Terme Romane di Montegrotto (Area Archeologica di Via Scavi).

Mentre per i bagni vicino al colle Montagnone, frequentati almeno fino alla metà del XVII secolo, non è più possibile avere una precisa documentazione archeologica, ben diversa è la situazione per l’imponente complesso che sorgeva ai piedi del colle Bortolone, completamente portato alla luce nella seconda metà del XVIII secolo durante scavi regolari. Abbiamo notizia della presenza di complesso termale a Montegrotto già in un documento anteriore al 1236 e nella cronaca di Giovanni Ongarello, che si rifà ad un manoscritto della fine del XIV secolo di Giovanni da Nono. Esso trova eco anche in opere di letterati e medici, come Isacco e Jacopo Dondi che nel XIV secolo si occuparono dell’estrazione del sale dalle acque bollenti e soprattutto presso gli eruditi del XVI e XVII secolo.

Verso la metà del XVIII secolo, il letterato Zanetti fu incaricato dal Comune di Padova di prendersi cura e di rilevare le antichità presenti nella zona di Abano, Montegrotto e Montagnone.  Di questa ricognizione lo Zanetti lasciò memoria in un suo breve scritto, volto specialmente all’illustrazione della “statua maschile di marmo bianco” dissotterrata nel 1766 e ad altri ritrovamenti effettuati presso il colle, fra i quali il grande piede marmoreo.

Tutti questi ritrovamenti spinsero il proprietario dei terreni della località Montegrotto, il marchese Giovanni Dondi dell’Orologio ad intraprendere, a partire dal 1781, una vasta campagna di scavi, che fu seguita con entusiasmo da parte degli eruditi locali e che si concluse nel 1788.

Lo scavo portò alla scoperta di tre grandi vasche collegate fra loro, tutte lastricate di marmi pregiati e in ottimo stato di conservazione, costruite a partire dal I sec. a.C. I marmi che rivestivano il complesso furono recuperati ed esportati e alcuni invece usati per pavimentare i bagni dell’Hotel “Orologio” ad Abano Terme. Il materiale recuperato, fra cui lacerti musivi, monete, ceramiche, vasi epigrafi votive e tegole bollate venne disperso e le numerose condutture di piombo, ritrovate intatte nello scavo, asportate. Sempre nel corso di questa campagna furono portati alla luce anche il complesso sistema idraulico, che regolava il flusso delle acque fredde e calde, ed il collettore principale che serviva ad asportare le acque inutilizzabili.

Nel 1953, nell’ambito di lavori edilizi, emersero altre strutture antiche e di conseguenza l’area venne prima vincolata (D.M. 3 aprile 1954, D.M. 4 febbraio 1967, D.M. 20 agosto 1968) e poi acquisita al demanio.

Oggi, delle terme romane di via degli Scavi restano tre vasche con relativo sistema di adduzione idrica, le due rettangolari oggi visibili solo parzialmente e quella di forma circolare interamente visibile, il piccolo teatro romano per l’intrattenimento dei frequentatori delle terme, le fondamenta dell’edificio ricreativo di completamento al complesso termale (a pianta centrale con due absidi laterali) e quelle dei presunti spogliatoi delle terme con ingresso maschile differenziato dal femminile. All’esterno delle vasche, che da una fitta rete di canalizzazioni erano collegate a una ruota idraulica, tutt’oggi sono visibili dei contrafforti e per questo si pensa che il complesso fosse in parte coperto. Il piccolo teatro, di cui oggi rimangono solo le fondamenta e la gettata in cemento della gradinata della cavea, era rivestito di marmi pregiati e decorato con preziose pitture e raffinati stucchi. La cavea ospitava un centinaio di persone e al culmine di essa sono visibili ancor’oggi delle strutture che forse sorreggevano un palco d’onore o un piccolo tempio.

Teatro o odeon
Piccolo teatro, forse coperto, costruito tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del I sec.d.C. Subì in seguito alcune importanti modifiche. La cavea doveva avere undici gradini, ai quali si accedeva attraverso una scaletta mediana e due laterali. L’ingresso degli spettatori avveniva attraverso due corridoi, che fiancheggiavano il palcoscenico. Quest’ultimo conserva un piano in mattoni (iposcenio) e cinque pozzetti con rivestimento interno in piombo per le antenne lignee del sipario. Nel fondale scenico, che ha nicchie semicircolari e rettangolari, vi erano tre porte di comunicazione con il postscaenium; ai lati vi erano due ambienti simmetrici (gli attuali foyers). Sulla sommità della cavea doveva trovarsi una tribuna o un tempietto, con vani annessi, di cui restano solo le fondazioni.

Edificio biabsidato
La costruzione presenta una pianta complessa, articolata attorno a uno spazio quadrangolare, che si dilata in due grandi absidi disposte simmetricamente su due lati, con una vasca circolare al centro. Sugli altri due lati si articolano due serie di ambienti, alcuni dei quali caratterizzati da piccole nicchie rettangolari. La funzione della costruzione resta per ora incerta, anche se forse connessa con bagni individuali o abluzioni.

Il sistema idraulico
Le strutture poste al centro dell’area costituiscono i resti del complesso sistema idraulico di adduzione e deflusso delle acque termali connesso alle vasche. La rete di canalizzazioni, collegata al collettore principale, si estende complessivamente per più di 200 metri. Nelle immediate adiacenze del teatro è visibile ciò che resta delle strutture di alloggiamento di due ruote idrauliche per il sollevamento e la movimentazione dell’acqua.

Le vasche termali
Si tratta di tre piscine contigue, ma solo una di esse è integralmente visibile, mentre le altre due si estendono oltre i limiti attuali dell’area archeologica. Lo sviluppo completo è noto in quanto esse furono scavate e disegnate già nel XVIII secolo.

Info
[email protected]
www.aquaepatavinae.it

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